Muos radar militari della Nato

I potenti radar militari della NATO che mettono a rischio la salute degli italiani

E lo Stato Italiano disse: "NO MUOS"
 19/06/2022 – Siamo assediati da nemici invisibili e silenziosi: i potenti radar militari della NATO che uccidono lentamente con i loro impulsi a microonde.
di Gianni Lannes
“Aiutateci a non morire. Siamo assediati da un nemico invisibile e silenzioso: un super radar militare che uccide lentamente con i suoi impulsi a microonde”. Mentre l’Aeronautica si trincera dietro il segreto militare, Giovannella Maggini Mazzarella, insegnante in pensione, ha raccolto le prove del disastro. Una vicenda che un membro della New York Academy of Sciences, Gianfranco Valsè Pantellini, ha definito “la strage degli innocenti”.
I radar militari operano in deroga alle normative di protezione sanitaria ed ambientale, nonostante i rapporti scientifici dell’Istituto Superiore di Sanità che 30 anni fa segnalavano i pericoli. Uno studioso italiano, il dottor Franco Sarto, già nel 1978 aveva documentato danni al Dna, esaminando il caso di numero radaristi militari. Tant’è che il Ministero della Difesa da allora ha inibito al medico di proseguire le sue ricerche cliniche.
Radar militari: Sos Marche
La provincia di Macerata, in particolare Potenza Picena, registra un macabro primato italiano: un numero record di tumori, morbo di Crohn, ictus, cardiopatie ischemiche, suicidi, interruzioni di gravidanza, sterilità maschile, nascita di bambini con patologie congenite, convulsioni senza febbre, sclerosi, cataratte e disturbi psicosomatici.
 
Nel 1982 la Circolare 69 del Ministero della Sanità avverte che «quelle dei radar sono le sorgenti elettromagnetiche più pericolose per l’organismo umano». In barba al principio di precauzione, lo Stato non prende alcuna contromisura. «Il numero dei radar attualmente impiegati è elevato ed in continuo aumento» prosegue il documento ministeriale «Non sono disponibili dati precisi, perché segreti, sui radar militari, ma è nota la continua richiesta di sempre nuovi e più sofisticati dispositivi di questo tipo».
Quella marchigiana è una storia dimenticata per anni sulle scrivanie dei Ministeri della Sanità, dell’Ambiente, della Difesa, del Tesoro e delle Finanze, del Presidente della Repubblica, della Magistratura, dei Carabinieri, dell’Enea, dell’Ispesl, del Parlamento Europeo, della Prefettura, dell’Autorità Sanitaria Locale e perfino di onorevoli e governanti Verdi (Pecoraro Scanio).
Radar militari: Lo studio
La signora Mazzarella ha riunito anni di indagini, ricerche, dati, relazioni, denunce, lettere. La sua battaglia per il diritto alla salute comincia nel 1986, quando muore il marito per un tumore al cervelletto. Nell’87 l’Aviazione di Stato potenzia l’impianto radar presente nel territorio comunale (vincolato paesaggisticamente dal 1983). Si
Le accresciute dosi di radiofrequenza e microonde si avvertono subito: cancelli radiocomandati che si aprono e si chiudono da soli, televisori impazziti, computer e apparecchiature elettroniche in tilt, radio e impianti stereo che si accendono autonomamente, stimolatori cardiaci che si bloccano, frutta che non matura, conigli che non prolificano, neonati colpiti da palatoschisi e labbro leporino, anomali incidenti stradali. La Raicomunica che «Le interferenze sono dovute alla presenza, a poca distanza dalle abitazioni di impianti radar aventi caratteristiche tali che l’impianto ricevente di utente esce dalle condizioni di normale funzionamento».
Anche l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni imputa alla postazione Nato, la causa degli inconvenienti: «Gli accertamenti tecnici hanno evidenziato l’esistenza di interferenze ai servizi di radiodiffusione dovute alle emissioni radar prodotte dalla locale base dell’Aeronautica Militare».
Il 2 febbraio 1990 si costituisce l’Ader (Associazione per la difesa dalle emissioni radar) che inizia a dar battaglia all’Arma Azzurra per conoscere i dati operativi e valutarne l’impatto sulla salute umana. Ma il segreto militare è una barriera impenetrabile. L’Ader ostacolata dall’amministrazione comunale e dall’ente pubblico Regione Marche, non potendo studiare le cause, analizza gli effetti di quei campi elettromagnetici. E riscontra un aumento sospetto di tumori e disturbi su persone, animali e piante. I cittadini si rivolgono pure all’Istituto Superiore di Sanità che si defila senza spiegazioni.
Radar militari: Stato latitante
Le istituzioni balbettano: Ministri e Sottosegretari dicono “che è tutto sotto controllo”. Ma la gente continua ad ammalarsi e a morire. Tutti si arrendono tranne la signora Giovannella. Lei ha raccolto età, professione, abitazione delle vittime, riportando caso per caso su una mappa topografica. Operazione che ha ripetuto per ogni patologia. Migliaia di fogli segnati con cerchietti rossi: tumori, aborti, suicidi, cataratte. E ogni disegno corrisponde a un nome: un bambino, una mamma, un papà. Andrea, Lucia, Alberto, Giuseppe, Enrica. Un piccolo nato con una malformazione; un altro con gravi complicazioni all’intestino. Centinaia di casi all’anno – su 14 mila residenti – che dovrebbero far riflettere.
L’anziana donna si mette alle ricerca di tutti quei cittadini che hanno cercato le cure e sono morti a Bologna, Genova, Milano, Roma, Lione. Ottiene i certificati necroscopici e scopre che il suo paese ha sui decessi per tumore una percentuale del 36 per cento – confermata dall’Istituto Centrale di Statistica e dall’Università di Ancona – superiore di 9 punti al trend nazionale.
Alle indagini sul campo si affiancano i sostegni scientifici dell’Università di Camerino. Roberto Monti, primo ricercatore del Cnr di Bologna attesta che «certi casi si spiegano con l’abnorme intensità dei campi elettromagnetici presenti nella zona». L’Ader chiede un monitoraggio epidemiologico e sporge denuncia alla Procura della Repubblica di Macerata per “strage continuata”, ma i giudici archiviano in un baleno.
L’11 febbraio 1999 il Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi certifica che «Non è possibile delocalizzare il radar di Potenza Picena perché manca una normativa di supporto. Si tratta di una zona di inquinamento elettromagnetico non regolata dalla normativa». Infatti, sia il decreto 381 del ’98 (regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana) sia la legge quadro sull’elettrosmog (numero 36 del 22 febbraio 2001) non si applicano ai radar civili e militari.
Radar militari: Stivale a rischio
Col pretesto del segreto bellico, il Ministero della Difesa – supino ai voleri dell’Alleanza atlantica – procede con nuove e pericolose postazioni a tutto spiano, incurante della salute collettiva. A Marsala in provincia di Trapani il radar dell’Aeronautica dista 200 metri dalle abitazioni; a San Giovanni Teatino, nel territorio di Chieti, appena 40. Su Monte Filau, lungo la costa sud occidentale della Sardegna nell’agro di Domus de Maria, lo Stato ha installato un radar tridimensionale nonostante il diniego della Regione; a Cagliari l’impianto Tlc della Marina opera sul centro abitato alla stregua delle strutture gemelle di Sassari, Olmedo, Monte Limbara e Tavolara. Infine il governo Usa si accinge ad installare illegalmente potenti radar in Sicilia, dopo aver ricoperto abusivamente l’intero Stivale.
 
In Europa si registrano attualmente valori di campo elettromagnetico da «un milione a un miliardo di volte più alti che nel 1950», documenta l’Organizzazione mondiale della sanità. «Colpisce il silenzio attorno a questo tema e la mancanza di una normativa europea ed italiana che preservi la salute dell’essere umano e protegga l’ambiente – denuncia Greenpeace – fornendo limiti di esposizione e distanze di rispetto da queste fonti di inquinamento».
Radar militari: Stellette nel Belpaese
A Potenza Picena, nel 1956, lo Stato italiano impianta un sensore General Electric ‘Anf-Ps8′. Sei anni prima si era materializzato a Ferrara il primo radar (di fabbricazione canadese). L’antica Montesanto diventa Bracco: un anello della nascente catena difensiva che salda il vuoto tra la postazione ferrarese e quella di San Giovanni
Teatino (CH).Radar militare Potenza Picena
Nel 1962 la difesa aerea della penisola italiana viene integrata in quella Nato, entrando a far parte del Nadge (Nato Air Defence Ground Envinronment), l’ombrello statunitense che si protende dalla Norvegia alla Turchia. Il sistema ‘Argos 10’ della Selenia – oggi Alenia – Marconi Systems (azienda Finmeccanica, ovvero dello Stato in joint-venture con la britannica Gec) – viene configurato nel 1987. Quel radar aveva un’antenna che girava 5 volte al minuto, con l’emissione di un fascio elettromagnetico ottimizzato per la scoperta alle alte quote (fino a 70 mila piedi), anche se poteva intercettare bersagli mobili al di sotto dei 2 mila.
 
Il circuito radar dell’Alleanza atlantica utilizza i segnali che arrivano da Potenza Picena, inseriti nel sistema di controllo dei due Roc (centri operativi di regione) di monte Venda e Martina Franca. Nel 1999 il sistema ‘Rat-3lSl’ dà il cambio all’‘Argos 10′. E’ un impianto che funziona automaticamente, i cui segnali arrivano al Cofa (Centro operativo del comando della Forza Armata) in un bunker a Poggio Renatico (Ferrara). Il ‘Rat-3lSl’ ha una portata di oltre 300 miglia nautiche (circa 600 chilometri), capace di intercettare oggetti volanti oltre 100 mila piedi (una trentina di chilometri). Distingue un piccolo deltaplano di plastica su Belgrado, e se su tale deltaplano il pilota ha un bottone di metallo o un orologio al polso o una carta di credito in tasca è già scoperto.
Densità di energia elettromagnetica? ‘Top secret‘ dichiara il Ministero della Difesa. Il potentissimo radar di guida (attacco e difesa) – in contatto con satelliti, aerei-spia (U-2, Awacs) e bireattori Prowler – è in grado di concentrare gli impulsi intorno al bersaglio, ed intercettare le emissioni radar avversarie, disturbandole con contromisure elettroniche.
 
Ufficialmente nell’ex giardino d’Europa i siti radar più pericolosi assommano ad una trentina, tutti collegati tra di loro. La base Imaz, in provincia di Taranto, è uno dei centri nevralgici delle rete di comando e controllo della Nato. Le sue antenne ascoltano, commutano e rilanciano tutte le informazioni che passano per le linee collegate con i comando dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo. Imaz coordina anche la difesa radar di Jacotenente (nel cuore del parco nazionale del Gargano), Licola (Napoli) e Siracusa che svolgono compiti di avvistamento e guidacaccia nei cieli meridionali.
Il governo italiano viola leggi e normative a protezione della vita e non risponde alle interrogazioni parlamentari. Come per gli esperimenti segreti delle scie chimiche, la popolazione è mera carne da macello.
Di Gianni Lannes
Fonte: Su La Testa
https://terrarealtime.blogspot.com/2022/06/i-potenti-radar-militari-della-nato-che.html
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone
IN UN PAESE CIVILE,
NON ESISTE ALCUN SEGRETO MILITARE,
CHE NON TENGA CONTO DELLA SALUTE DEI CITTADINI…
SE COSI’ FOSSE, IL SEGRETO MILITARE,
NON SAREBBE DIVERSO DAI PIANI OCCULTI
DEL BRACCIO ARMATO DELLA MAFIA.
POICHE’ NESSUNO
E’ IN GRADO DI CONFUTARE, QUESTO SEMPLICE “ASSUNTO”,
CHE DISTINGUE E DEMARCA L’OPERATO DELLA CRIMINALITA’ ,
DA QUELLO CHE “DOVREBBE ESSERE” L’OPERATO DELLE ISTITUZIONI,
A CHI DI DOVERE DICO:
NON CONTINUATE A ROMPERE “LEGALMENTE” MA SLEALMENTE
I COGLIONI !!!
==============================================
Muos, l’antenna americana
Niscemi, il Muos e le altre antenne Usa,
così è stato fermato l’attacco all’ambiente
30 marzo 2013
MARINA BONIFACIO, ANNALISA CANGEMI, CARLO DI FOGGIA, CLAUDIO PAUDICE
Gli americani avevano deciso di costruire la quarta stazione del sistema mondiale di comunicazione militare in una delle più antiche sugherete d’Europa.
Ai primi controlli l’Arpas scoprì che lì c’era già un grande impianto di 46 antenne mai verificato prima.
Una lunga battaglia: le pressioni statunitensi sui politici italiani, le minacce a Crocetta,
le misurazioni dell’impatto ambientale ostacolate dagli americani. Fino allo stop deciso recentemente dalle Regione.
Ma la partita non è chiusa
NISCEMI
– Niscemi non è un paese come gli altri. Se ci si allontana di qualche chilometro a sud dal centro, in direzione della Sughereta, non ci si imbatte solo in alberi e arbusti.
Tre gigantesche antenne paraboliche verniciate d’azzurro si stagliano in mezzo al verde:
è il Muos, un sofisticato sistema di comunicazione satellitare, di proprietà della Marina militare americana.
L’ultima delle quattro stazioni terrestri che permetteranno di coordinare tutte le comunicazioni dell’esercito americano in ogni angolo del pianeta.
Insieme alle altre basi già completate in Virginia, Hawaii e Australia, servirà a collegare tutti gli utenti mobili, dai droni, ai sottomarini, alle truppe di terra.
Solo, però, se i lavori saranno portati a termine. Il Muos di Niscemi è infatti bloccato dopo la revoca delle autorizzazioni disposta dal governatore siciliano Rosario Crocetta che proprio ieri ha confermato ufficialmente lo stop.
Visto dal satellite, il cantiere appare come una piccola macchia bianca in una distesa brulla. A occhio nudo, le grandi parabole (22 metri di diametro) sono visibili dal belvedere del centro storico, che dista solo sei chilometri dalla Base radio Nrtf che le ospita.
Una base dotata di ben 46 trasmettitori posizionati all’interno di una delle più antiche sugherete d’Europa, un’area naturale protetta e classificata come sito d’interesse comunitario fin dal 1997.
La Nrtf risale al 1991, e per oltre 20 anni nessuno si è mai posto il problema degli effetti sulla salute del campo elettromagnetico generato da quelle antenne, che si stagliano a perdita d’occhio.
Sullo sfondo, in lontananza, il polo petrolchimico di Gela, con i suoi fumi e l’odore acre che brucia la gola. La costruzione del Muos ha attirato l’attenzione su quello che formalmente è un distaccamento della base militare americana di Sigonella (distante 60 chilometri) ma legalmente di proprietà del demanio militare italiano.
Su quella base non è mai stato effettuato uno studio di impatto ambientale.
“La prima cosa di cui ci siamo accorti,
arrivati sul posto per fare i rilievi,
è che c’era una base di cui non eravamo a conoscenza
– ricorda l’ingegnere dell’Arpas Stefano Caldara –
Le antenne della Base radio non sono mai state autorizzate
da alcun ente né valutate dall’Arpa,
anche perché preesistenti alla nascita dell’agenzia stessa”.
Nessuna autorizzazione è stata mai chiesta per la costruzione della base Nrtf,
e senza di quella nessun ente è mai stato incaricato di effettuare un monitoraggio della situazione.
Fino al 2008, quando il nuovo progetto arriva sul tavolo della Conferenza degli enti locali, chiamata a rilasciare l’autorizzazione,
l’unico studio sulle radiazioni emesse dal nuovo impianto Muos
è un documento redatto dagli stessi americani,
povero di dati ma ricco di rassicurazioni sulla non nocività dell’opera.
Nessun accenno alla base già esistente.
In pratica, un’autocertificazione, sufficiente al ministero della Difesa per firmare nel 2006 l’accordo con il governo statunitense che avvia il progetto e lo stanziamento di 11 milioni di euro per i lavori.
Lavori che ufficialmente inizieranno solo nel giugno del 2011,
con la firma del protocollo d’intesa tra la regione Sicilia,
=====================================================
*** –> guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della difesa La Russa. <– ***
=====================================================
Molti, tra attivisti del movimento “No Muos” e abitanti della zona, parlano però di scavi e lavori iniziati già nel 2008.
La base Nrtf infatti è protetta solo da una recinzione metallica, costruita di recente senza permesso, e dalle case più vicine, distanti poche centinaia di metri, è possibile vedere tutto quello che succede all’interno.
Nel settembre del 2008, le rassicurazioni americane bastano alla Conferenza per concedere il nulla osta.
Eppure, il giorno dopo, il comune di Niscemi torna sui suoi passi e chiede la revoca immediata del provvedimento “a seguito di nuovi elementi riportati dagli organi di stampa”.
“C’è stata una sottovalutazione
– ammette l’allora sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino –
All’inizio infatti si pensava che alcune delle antenne esistenti
dovessero essere sostituite da quelle del Muos.
Quando poi un giornalista mi aprì gli occhi sui rischi legati al nuovo progetto,
subito ci siamo adoperati per capirne di più”.
Da qui in poi inizia una lunga battaglia amministrativa, che culmina con il ricorso al Tar.
Nel frattempo però, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa), viene incaricata di effettuare un monitoraggio della situazione esistente e una valutazione del nuovo impianto Muos.
L’agenzia produce quindi una prima istruttoria già nel febbraio del 2009,
ma la valutazione è incompleta:
====================
gli americani infatti non forniscono tutti i dati necessari,
====================================
né sulla base radio né sul Muos, perché coperti da segreto militare.
===========================================
I tecnici dell’Arpa fanno a meno dei dati tecnici e si basano esclusivamente sull’attività di monitoraggio, ma le difficoltà ad operare sono tante.
La normativa italiana prevede infatti che venga effettuato con gli impianti operanti alla massima potenza.
Ma il 26 gennaio 2009, giorno concordato per effettuare le misurazioni, le centraline, invece di segnare un incremento dell’intensità, registrano un calo.
Un dato che suscita i dubbi dei due consulenti tecnici del Comune di Niscemi,
i professori Massimo Coraddu
e Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino,
che nel novembre del 2011 pubblicano
una contro-relazione alle misurazioni effettuate dall’Arpa.
L’Agenzia motiva l’anomalia con l’interferenza della “Verden”, l’unica antenna sempre attiva, quella a bassa frequenza (46 KHz), utilizzata per comunicare con i sottomarini in immersione.
Secondo i due consulenti, invece, gli americani semplicemente hanno barato:
“Invece di aumentare le emissioni, quel giorno i militari le hanno ridotte”,
denuncia Coraddu.
L’interpretazione dei due consulenti sui dati raccolti da Arpas divergono completamente da quelle dei tecnici dell’Agenzia.
Alcune centraline, ad esempio, rilevano sempre più spesso il raggiungimento dei limiti di emissione, fissati dalla legge italiana a 6 volt per metro.
Dati che Arpas motiva ancora una volta con un difetto nella misurazione, causato dall’interferenza della Verden.
Alcuni dati poi, non vengono neanche forniti ai due consulenti perché non in possesso del comune.
Una circostanza che Arpas ha sempre smentito, confermando di aver trasmesso all’ufficio tecnico del comune tutta la documentazione elaborata dal 2008 in poi.
Le incongruenze si susseguono, tanto che la questione finisce in Assemblea regionale, in un’audizione della Commissione Territorio e Ambiente convocata lo scorso 5 febbraio.
Qui emergono tutte le contraddizioni tra i vari studi realizzati sul Muos.
Il più controverso è quello prodotto
dai professori Luigi Zanforlin
e Patrizia Livreri, dell’Università di Palermo.
Lo studio,
commissionato dalla società Urs di Milano
di proprietà di un gruppo californiano,
avrebbe infatti utilizzato alcuni dati tecnici
forniti dagli stessi americani.
Dati che, però, i due tecnici
non possono fornire perché coperti da segreto militare.
?????????????????????????????????????????????????????
Non solo:
i due professori aggiungono che parte delle antenne radio già esistenti verrà spenta quando il Muos entrerà in funzione.
Ma il presidente della Commissione, il grillino Giampiero Trizzino, smentisce:
“Se ci sono documenti che attestano lo spegnimento delle vecchie antenne appena il Muos entrerà in funzione, io non ne ho visti”.
Eppure lo studio dei professori di Palermo, tra dati secretati e rassicurazioni non documentate, viene comunque citato nel Protocollo di intesa.
La storia però cambia quando Rosario Crocetta diventa il nuovo governatore della Regione Sicilia.
Di di fronte alle crescenti proteste della popolazione, Crocetta vuole capire se queste antenne possono provocare danni.
L’undici marzo scorso un vertice tra Regione e Governo decide di affidare all’Istituto superiore di sanità e all’Organizzazione mondiale della sanità il compito di valutare l’impatto delle emissioni sulla salute e sull’ambiente.
Ma non tutta la comunità scientifica ha piena fiducia nell’Istituto.
=========================================
Primo fra tutti
il professor Gino Levis,
uno dei massimi esperti italiani degli effetti dei campi elettromagnetici sull’organismo.
“Sono anni che questi organismi si rifiutano di riconoscere quello che una vastissima letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato
– spiega Levis –
non occorre la certezza del 100% per poter stabilire il nesso tra le radiofrequenze e l’incidenza di alcune forme tumorali.
Ho una pessima opinione di Iss e Oms,
=========================
ci sono sovrastrutture che condizionano questi istituti.
La situazione sanitaria a Niscemi è stata monitorata solo di recente, si sono attivati anche i medici di base del paese,
i dati mi hanno impressionato,
ma non ho tutti gli elementi per poter dare una valutazione complessiva”.
Da quello studio infatti, spiegano alcuni dei professionisti impegnati nel monitoraggio, sono emersi livelli elevati per alcune tipologie tumorali, alcune delle quali si riscontrano solitamente in aree interessate dall’inquinamento elettromagnetico.
Mancano però i dati storici e una precisa comparazione con altre aree della Sicilia e del resto d’Italia.
Gli interessi in ballo però, sono enormi, difficile che gli americani decidano di rinunciare ad un progetto miliardario per l’opposizione del comune e dei comitati.
Nel 2010, dai dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks
emergono le pressioni esercitate, nel 2009,
sull’allora ministro della Difesa La Russa
==========================
per accelerare l’avvio dei lavori del Muos.
Gli americani incontrano molte resistenze dagli uffici del Governatore Lombardo e temono uno stop.
Si ipotizza lo spostamento del progetto in un altro sito nell’area del Mediterraneo, ma l’atteggiamento disponibile degli italiani convince i vertici Usa a puntare tutto sul nostro paese.
La Russa ora nega, eppure sono gli stessi americani a parlare di “utili dichiarazioni pubbliche rese dal ministro” per convincere l’opinione pubblica.
“Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale
– ci spiega al telefono l’ex ministro –
il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche valutarlo. E quei documenti lo testimoniano”.
Il caso Muos finisce anche nei verbali dell’inchiesta di Napoli sulla compravendita dei parlamentari che nel 2008 portò alla caduta del Governo Prodi.
Il senatore De Gregorio, interrogato, parla della preoccupazione degli americani per l’ostruzionismo al progetto da parte dell’ala più radicale dell’esecutivo .
Poi è Crocetta a parlare espressamente di minacce politiche e poteri forti.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Gli stessi poteri secondo lui, che avrebbero portato alla sparizione del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei. “Non so se quanto detto da De Gregorio sia vero, ma è lui stesso a dire di essere stato contattato dalla Cia per far cadere il Governo Prodi perché contrario al Muos.
Io di pressioni politiche ne ho ricevute tante, anche dagli americani.
*************************************************
E poi quella strana telefonata dagli Stati Uniti che mi minacciava di morte:
solo alla luce degli ultimi eventi ho iniziato a vedere la cosa da un’altra ottica”.
Più che la Regione però, a far paura agli americani è il versante giudiziario, con l’attivismo della procura di Caltagirone.
Secondo i magistrati guidati dal procuratore Francesco Paolo Giordano, nella costruzione del Muos sarebbero state commesse numerose irregolarità, violando le norme previste per le aree protette.
L’area è già stata posta sotto sequestro nell’ottobre 2012, ma il tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza.
Tutto dipenderà dall’esito del ricorso in Cassazione.
Se il sequestro venisse confermato, l’inchiesta potrebbe allargarsi ancora.
Gino Levis, esperto di mutagenesi ambientale
“C’è un nesso tra radiofrequenze e tumori”
Parla il docente dell’Università di Padova Gino Levis che, da anni, si batte su questi problemi.
“La legislazione a tutela della salute è degenerata:
troppo permissiva”.
E attacca i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità
e dell’Organinzzazione mondiale della Sanità:
“Troppi conflitti d’interessi”.
“A Niscemi i limiti ammessi sono molto elevati”
“In Italia, con il progredire delle conoscenze, la legislazione delle strutture che dovrebbero tutelare la salute è andata via via degenerando verso una permissività che sta dando luogo a delle preoccupazioni spaventose”.
Il Professor Angelo Gino Levis, ordinario di mutagenesi ambientale all’Università di Padova è tra i massimi esperti italiani degli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici,
è scettico verso le istituzioni chiamate ad esprimere un parere
sulla nocività dell’impianto Muos che sorgerà a Niscemi.
Eppure è proprio sulla base del parere espresso
– dall’Istituto superiore di sanità (Iss)
– e dell’Organizzazione mondiale di sanità (Oms)
che dipenderà non solo il futuro della nuova installazione ma anche della grande stazione radio già esistente.
“Sono anni che questi organismi si rifiutano di riconoscere quello che una vastissima letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato
– spiega –
non occorre la certezza del 100% per poter stabilire il nesso tra le radiofrequenze e l’incidenza di alcune forme tumorali”.
Professor Levis, che parere ha dell’Iss e dell’Oms?
“Pessimo.
– Mi sono scontrato spesso con l’Iss.
Diversi esponenti dell’istituto sono stati parti avverse
in molti processi sugli effetti delle radiazioni elettromagnetiche sulla salute.
– L’Oms poi, sta vivendo il secondo grande scandalo
dopo quello che ha subito per il fumo di tabacco.
È arrivata a stabilire la cancerogenicità del fumo con 20 anni di ritardo
su quello che era stato già assodato da una corposa letteratura scientifica”.
Questo è dovuto ad un diverso parere sui dati scientifici?
“No.
i dati parlano chiaro, ma ci sono sovrastrutture che condizionano questi istituti.
Le faccio un esempio:
nel reparto campi elettromagnetici dell’Oms,
esiste un progetto omonimo, diretto da Michael Repacholi.
Questo scienziato ha dovuto ammettere in udienze pubbliche,
come quella al parlamento australiano, ma anche in altre occasioni
– ultima in ordine di tempo l’inchiesta del programma “Report” –
di essere finanziato dalle compagnie elettriche e di telefonia mobile.
Quindi non poteva essere scelto un organismo peggiore per dare un parere sul Muos . Soprattutto se non si tiene conto dei numerosi conflitti d’interesse”.
L’Oms non ha ancora dato un parere però
“Si ma basta vedere la classificazione delle emissioni elettromagnetiche
stabilita dallo Iarc (International agency for research on cancer)
– che è una delle strutture che fanno capo all’Oms –
per nutrire forti dubbi.
Le radiazioni a bassissima frequenza e le radiofrequenze, ad esempio, sono state classificate – le prime nel 2001, le seconde nel 2011 – come possibili cancerogene.
Cioè con un’evidenza abbastanza significativa sull’uomo, ma con mancanza di dati sugli animali e sui meccanismi d’azione.
Ma anche qui, avendo fatto una ricerca sui partecipanti ai gruppi di ricerca
che hanno portato a questa classificazione, ho scoperto che
circa il 60 per cento di loro aveva pesantissimi conflitti d’interesse.
L’ho scritto e pubblicato su numerose riviste scientifiche, e non sono mai stato contestato.
Già nel 2002,
lo stesso fondatore ed ex direttore dell’Iarc,
l’italiano Lorenzo Tomatis,
ha denunciato l’aumento tra il 10 e il 30 per cento di esponenti dei gruppi di ricerca viziati da conflitti d’interesse”.
Come dovrebbero essere classificate le onde elettromagnetiche allora?
“In Italia,
Pietro Comba,
uno dei migliori epidemiologi in attività, già nel 1998 pubblicava dei rapporti,
certificati anche dall’Iss, in cui queste frequenze venivano classificate
come probabili agenti cancerogeni,
cioè classe 2A,
dietro solo alle radiazioni ionizzanti,
che sono sicuri cancerogeni.
Al di là delle classificazioni comunque,
ci si dovrebbe sempre attenere al principio di precauzione,
=====================================
cioè se esistono delle indicazioni, anche non dati certi,
di effetti dannosi per la salute umana, bisogna optare per il rischio zero”.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma esistono dei limiti stabiliti dalla legge, come ad esempio quello dei 6 volt per metro, fissati per un certo range di frequenze, tra cui ricadono le antenne della base radio di Niscemi.
“Sì, ma quei limiti sono di per sé già molto alti,
perché hanno incluso nella stessa soglia sia il valore di cautela
che l’obiettivo di qualità, cioè quello cui bisognerebbe aspirare per evitare qualsiasi rischio.
Tra l’altro, ormai da molto tempo, soprattutto nel campo delle basse frequenze,
il principio di prevalenza della salute umana sugli interessi commerciali
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
è stato adottato dalla magistratura italiana.
In pratica anche se ci sono dei limiti fissati per legge, il giudice deve tenere conto anche di quello che gli segnala il perito da lui nominato, sulla base delle evoluzioni scientifiche sopraggiunte nel frattempo.
I limiti per le radiofrequenze, ad esempio, li ha fissati un decreto del 2003, da allora sono passati dieci anni e intanto le conoscenze sono progredite.
Non si può non tenerne conto.
E poi ci sono i radar, che hanno un effetto pesantissimo sulla salute e sull’incidenza tumorale, ma che non sono normati, cioè non hanno soglie di esposizione perché hanno onde pulsate”.
Nella base Nrtf esiste anche un’antenna a bassa frequenza (46KHz) per cui non è previsto un limite di legge, ma solo un parere europeo che indica una soglia di 86 V/m
“È esattamente quello che dicevo.
Sono limiti pazzeschi, che non hanno nulla a che vedere con la tutela della salute.
Esistono dei buchi nella normativa e la cosa più grave è che si finisce per scegliere il valore più alto. Gli 86 V/m è il limite per gli effetti acuti, cioè quelli che si manifestano in breve tempo.
Il danno da esposizione prolungata a livelli più bassi non viene nemmeno preso in considerazione, ma lì vicino ci sono delle abitazioni ed è paradossale tenere conto solo di quel valore.
Gli interessi economici in campo rendono queste norme molto permissive”.
Quali sono i limiti di esposizione più sicuri secondo lei?
“I 6 V/m non sono affatto un limite cautelativo.
La scienza indipendente ha da tempo dato pareri molto diversi da quelli seguiti dalla legislazione.
Le leggi regionali emanate tra la fine degli anni novanta e gli inizi del 2000, ad esempio, fissavano un valore di cautela a 0,5 V/m, che poi è stato cancellato dal Dpcm del 2003″.
A livello ufficiale il nesso tra le esposizioni alle onde elettromagnetiche e l’incidenza tumorale non è stato mai sancito.
“Non è vero,
come sostengono i colleghi dell’Iss e dell’Oms, che non si conoscono i meccanismi d’azione. Oggi si conoscono benissimo almeno 6-7 meccanismi che possono portare allo sviluppo del cancro, sia da basse che da alte/altissime frequenze.
==================================
Quando si tratta della salute delle persone
non si può solo tenere conto della certezza del 100%,
ma anche dell’alta probabilità”.
==================================
Cosa sappiamo degli effetti delle antenne installate a Niscemi?
“Non ho dati sufficienti per poter dare una risposta.
Però so che i medici di base del paese hanno avviato una mappatura delle incidenze tumorali.
I dati epidemiologici che ho visto mi hanno impressionato,
ma non ho il confronto con i dati di mortalità generale della Sicilia o dell’Italia per tipologia di tumori.
Solo così si potrà capire se queste incidenze sono significative o no.
Tra l’altro lì bisogna tenere in considerazione i diversi fattori inquinanti, come il vicino petrolchimico di Gela, e anche i dati storici sulla mortalità”.
Le antenne del Muos hanno un fascio molto potente,
ma molto direzionale, per cui nelle relazioni si parla
di “effetto trascurabile” al di fuori di quel fascio
“È vero,
o almeno così dovrebbe essere.
Ma la letteratura scientifica è piena di casi di tumori contratti da persone che vivono intorno ai radar e non direttamente esposti al fascio.
Segno che qualche margine di errore c’è sempre.
Ma questo si può accertare con degli esperti neutrali che vadano a fare delle misure. Su questo punto bisognerà vigilare molto attentamente”.
Strade, scambi culturali, centraline Il grande bluff delle compensazioni
Nel protocollo del 2011 che permetteva la partenza del Muos, si parlava di diversi interventi a favore della popolazione di Niscemi per risarcire i disagi che avrebbero subito a causa dell’impainto.
Ma a detta dell’allora sindaco Di Martino, era chiaro fin dall’inizio che non c’era nulla di concreto:
cose già previste e finanziate (per altro mai partite),
cose mai arrivate e promesse ridicole e inconsistenti,
Niente di concreto per lavoro e salute
Nella controversa vicenda Muos c’è un capitolo ancora poco approfondito, quello delle presunte compensazioni previste per la popolazione di Niscemi e dei comuni vicini per mitigare gli effetti delle nuove installazioni, messe nero su bianco nei documenti ufficiali, ma rimaste sempre e solo sulla carta.
Di quelle promesse, a distanza di due anni dalla firma del protocollo d’intesa tra la Regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della Difesa La Russa, non è rimasto nulla.
Eppure un intero capitolo di quel documento è interamente dedicato a loro.
Un paradosso per quello che viene presentato come
“un sistema migliorativo” che
“non comporta condizioni di rischio per la popolazione”.
A sentire i protagonisti, quel capitolo non sembra avere firma.
I sindaci della zona poi, non si sono mai fidati.
“Quelle misure erano un bluff neanche troppo mascherato
– spiega Giovanni Di Martino, fino al maggio del 2012 sindaco di Niscemi –
Buona parte di quegli interventi facevano parte di un’attività di programmazione ordinaria che noi, e la Provincia, avevamo già avviato per poter ottenere i finanziamenti dalla Regione e dal Governo.
Nessuno, con quell’atto, ci regalava nulla a titolo compensativo.
Si parlava, ad esempio, di una nuova strada provinciale.
Un’opera che invece era già prevista con i fondi per le aree sottosviluppate (Fas): l’assurdo è che quei soldi vennero dirottati per il pagamento delle quote latte.
E noi li stiamo ancora aspettando”.
Misure che il Ministero della Difesa si impegnava a rispettare,
come ad esempio l’installazione di un sistema di monitoraggio a supporto delle centraline dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
“Abbiamo chiesto più volte al Ministero, tramite l’Assessorato all’Ambiente, di fornirci le strutture necessarie
– spiega sfiduciato l’ingegnere Stefano Caldara,
che da dicembre 2008 supervisiona tutte le rilevazioni effettuate dall’Arpas nei dintorni della base Nrtf di Niscemi
– ma non ci hanno mai risposto.
A tutt’oggi
– continua –
non sappiamo se e quando quelle apparecchiature arriveranno”.
L’avvicendamento ai vertici del Ministero non ha prodotto alcun risultato e intanto Arpas è finita sommersa dalle polemiche, accusata di non aver utilizzato una strumentazione adeguata per quel tipo di monitoraggio.
“Nei giorni scorsi, a quattro anni dall’inizio delle rilevazioni, è finalmente arrivato lo strumento calibrato per le emissioni prodotte dall’antenna a bassa frequenza.
Ma l’abbiamo pagato noi”,
spiega ancora Caldara.
Con il protocollo d’intesa, il Ministero si impegnava anche a “mitigare, a breve termine, gli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici generati dall’impianto già esistente”.
Ma non solo:
“Le emissioni a radiofrequenza verranno ridotte grazie all’installazione di un sistema interrato a fibre ottiche”, mentre l’impatto visivo “verrà mitigato con un’opportuna verniciatura delle superfici”.
“Questi hanno pensato di ‘mitigare’ l’impatto di un’area di decine di ettari,
che ha devastato una delle più antiche sugherete d’Europa,
un’area protetta dall’Ue,
verniciando d’azzurro antenne gigantesche che superano i dieci metri d’altezza
e che montano parabole larghe 20 metri”,
ci spiega quasi sorridendo Gaetano Impoco,
del Comitato No Muos:
“Hanno avuto il senso dell’ironia, ma c’è da piangere”.
Eppure questo non è l’aspetto più incredibile degli impegni assunti dal Ministero. Scorrendo la lista ci si imbatte in promesse a dir poco curiose:
– gemellaggi e scambi culturali tra i giovani niscemesi e americani;
– l’istituzione di “summer schools con centri di eccellenza americani per la costituzione di borse di studio per i giovani del paese”;
– strutture ecocompatibili “per la realizzazione di unità ippomontate per migliorare la vivibilità del parco”;
– “promozione del prodotto agroalimentare dell’area sul territorio nazionale ed internazionale”.
“Prendendo spunto da quelle promesse,
in occasione dell’incontro con Monti
– racconta sarcastico il governatore siciliano Rosario Crocetta –
ho chiesto agli americani di cominciare a trasferire
i carciofi e i pomodori di Niscemi negli USA,
proprio per dimostrare alla popolazione locale che sono molto fiduciosi
sulla non nocività di quelle antenne.
O anche di mangiarseli alla base.
Ma non mi pare che abbiano dato rassicurazione in questo senso”.
Nessuno prende sul serio quel paragrafo, eppure quando si parla del Muos, la parola compensazioni torna sempre di moda, tanto da essere stata inserita nel comunicato finale dell’incontro tenutosi lo scorso 11 marzo a Roma,
che ha subordinato tutti i lavori al parere dell’Istituto Superiore di Sanità.
“Io, per compensazioni, intendo una cosa molto diversa da quello che intendono loro
– continua Crocetta –
Si deve creare fin da adesso un sistema di monitoraggio della salute degli abitanti, non solo rispetto al Muos ma anche rispetto ai danni prodotti dalla base esistente.
E lo devono pagare gli americani, perché non si capisce il motivo di far pagare al Comune o alla Regione i danni prodotti da altri. Quella parola, compensazioni, suona come un’offesa, visto che non si parla né di risorse né di investimenti”.
In effetti, questo è l’unico punto su cui il protocollo del 2011 non si sbilancia, limitandosi a parlare di
– “favorire l’inserimento lavorativo della popolazione locale nel personale amministrativo della base Usa di Sigonella”,
ma, si puntualizza,
solo “nel caso di nuove assunzioni”.
Che, manco a dirlo, non sono mai arrivate.
“Gli unici benefici in termini occupazionali a Niscemi
li ha ricevuti un’azienda del posto
(La Calcestruzzi Piazza, ndr)
risultata poi in odor di mafia
– afferma Di Martino –
Una cosa scoperta solo diverso tempo dopo grazie alla documentazione che ci ha fornito la Prefettura di Caltanissetta.
Da allora l’impresa non è più nell’albo delle aziende di fiducia del Comune,
ma ha continuato a lavorare all’interno della base.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Evidentemente, per gli americani queste cose non hanno importanza”,
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Il senso di quelle compensazioni sembra sfuggire a tutti.
“Una cosa sono le misure di compensazione,
che si verificano quando io compenso un danno,
che può essere anche quello paesaggistico
– chiarisce il Presidente della Commissione Ambiente e Territorio,
Giampiero Trizzino (M5S) –
allora posso decidere ad esempio di alzare tutto intorno una barriera di muro verde.
Un’altra cosa invece è la compensazione alla salute:
=================================
come faccio a compensare un danno alla salute? Cosa gli pago, l’oncologo?”.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma se quell’accordo “prevedeva anche benefici economici”, come mai nessuno ora se ne prende i meriti? “Il protocollo comportava vantaggi per l’Italia nel suo complesso.
Ci sono esigenze di sicurezza e difesa mondiale che il nostro paese non poteva e non può ignorare
– spiega ora La Russa –
ma c’erano anche vantaggi in termini occupazionali e di risorse”.
Quali, però, l’ex ministro non se lo ricorda:
“Francamente è passato anche un po’ di tempo”.
E di quelle promesse si è persa traccia.
La Russa:
“Nessuna pressione dagli Usa Chiesi assicurazioni sulla non pericolosità”
Il nome dell’allora ministro della Difesa compare in alcuni dispacci pubblicati da Wikileaks.
Gli americani puntavano su di lui per convincere il governatore Lombardo a concedere i permessi per costruire il Muos.
Lui, oggi, spiega:
“Dissi loro che non ero la persona giusta e poi il progetto era già stato approvato”.
Sull’eventuale pericolosità:
“Allora non se ne parlava e l’opposizione al Muos era tuttaa ideologica
perché era roba americana”
“Nessuna pressione, ho fatto tutto di mia iniziativa, per scrupolo personale. Il progetto era già stato approvato, potevo anche renderlo esecutivo senza neanche valutarlo. E quei documenti lo testimoniano”.
Ignazio La Russa dà un’altra interpretazione dei cablo pubblicati da Wikileaks.
In quei dispacci diplomatici, l’allora ministro della Difesa è menzionato come l’uomo giusto per convincere il governo italiano e soprattutto le amministrazioni locali della non pericolosità dell’opera.
Siamo nel marzo 2009, Il governatore Lombardo stenta a concedere le autorizzazioni necessarie ad avviare i lavori e l’ambasciata americana si muove per trovare una sponda nell’esecutivo.
Esponente di spicco e pure siciliano,
La Russa sembra l’interlocutore ideale,
perché in grado di
“spendere il suo capitale politico fondamentale nella regione
per consentire al progetto di andare avanti”.
È così onorevole?
“No. Non ho subito alcuna pressione. Anzi, a quell’epoca il rapporto con Lombardo non era proprio dei migliori visto che aveva rotto con il Pdl e chiesto l’appoggio esterno al Pd.
E infatti dissi agli americani che non ero la persona giusta per trattare con lui e con le amministrazioni locali, che poi erano quelle che si opponevano al Muos”.
I cablo dell’ambasciata però parlano di pressioni su di lei,
pressioni andate a buon fine.
“Quando sono arrivato al ministero il progetto era già stato approvato, si trattava solo di renderlo esecutivo. Nei colloqui che ho avuto mi hanno segnalato la cosa e ho chiesto agli americani che ci dessero rassicurazioni precise sulla non pericolosità dell’opera, affidando ai militari il compito di verificarle.
E infatti in quei cablo ad un certo punto gli americani scrivono che il ministro li ha ringraziati per le rassicurazioni sulla non nocività del Muos.
Un mio scrupolo personale, potevo tranquillamente non chiederle”.
Verifica basata solo sui dati forniti dagli americani?
“I dati erano loro, ma i tecnici della difesa li hanno valutati e mi hanno assicurato che non c’era alcun pericolo.
Ai colloqui era presente anche
– il capo di Stato Maggiore, il generale Camporini (citato nei cablo, ndr),
che ha ripetuto che i nostri erano soddisfatti dello studio degli americani,
che avevano attentamente vagliato, dove si certificava che le emissioni dell’antenna costituivano meno dell’un per cento dei limiti fissati dalla legge italiana.
In quella occasione si era anche detto che avremmo fatto ulteriori accertamenti”.
Quest’ultima cosa nei dispacci non c’è, anzi, si parla di pressioni esercitate sul ministro della Difesa, che
“si è detto disponibile e su nostra richiesta
ha fatto utili dichiarazioni pubbliche in difesa del Muos”.
“Quelle “dichiarazioni” io le avevo già fatte molto prima che me lo chiedessero loro, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Sicilia, non in un incontro pubblico.
Non sono mai stato a Niscemi.
Quella è stata l’unica volta in cui sono intervenuto.
Non penso ce ne siano state altre”.
Però c’è anche un’interrogazione parlamentare presentata da alcuni deputati del Pd,
in cui lei ha risposto che non c’erano rischi.
“Ma non era un incontro pubblico.
Sapete come funziona, loro fanno una domanda, gli uffici preparano la risposta,
io la leggo e, se sono d’accordo, la firmo.
L’unica vera dichiarazione sul Muos l’ho fatta in quell’intervista,
dove avevo illustrato i vantaggi e gli svantaggi di un’installazione di quel tipo.
I vantaggi erano ovviamente legati alla tutela della sicurezza nazionale
e della difesa mondiale”.
Un po’ poco non crede?
“Ho parlato anche dei vantaggi economici e lavorativi, di interventi e risorse che sarebbero arrivate”.
Veramente nel protocollo di intesa, firmato nel giugno del 2011 con la regione Sicilia, si parla di “Summer school” e “scambi culturali”, e di progetti già previsti in precedenza.
Quali erano quindi i vantaggi economici?
“I vantaggi sono soprattutto per l’Italia nel suo complesso.
Francamente non ricordo molto bene, è passato anche un po’ di tempo.
Però ricordo che il sindaco di Niscemi chiedeva, legittimamente, dei vantaggi per il territorio, come strade e scuole.
Ma non saprei dire di più”.
E gli svantaggi?
“C’era l’impegno a verificare che non ci fossero rischi dal punto di vista della salute, cosa che i militari hanno fatto.
Tutto qui.
Allo stato non c’erano studi che dimostrassero il contrario,
anzi,
ribadisco che mi avevano assicurato che non c’era pericolo”.
Ma perché il Ministero ha approvato un progetto del genere senza avere neanche un documento italiano che attestasse la non pericolosità?
“A parte il fatto che questo non è vero perché quei dati sono stati verificati dagli italiani, poi non so se ci sono state verifiche dirette.
Ma non è che gli americani venivano a spargerci il veleno”.
Un vero studio di impatto ambientale non è mai stato fatto.
Tanto è vero che adesso, dopo la revoca delle autorizzazioni decisa dal governatore Crocetta, si farà un monitoraggio completo.
“Questo non significa che quelli che avevamo non era adeguati.
Se ci saranno nuove verifiche si potrà riaprire il discorso.
Per ora non ci sono elementi diversi, c’è solo una critica politica, non scientifica, su quei dati”.
La popolazione locale è preoccupata per i rischi legati alle emissioni elettromagnetiche delle antenne
“L’opposizione che è arrivata al progetto mi sembra dettata soprattutto da motivazioni ideologiche.
Se una cosa è pericolosa è giusto che non venga fatta, ma qui c’è tutto un mondo che dice:
chi se ne frega se non è pericoloso e porta dei vantaggi economici, visto che è degli americani allora è sicuramente pericoloso”.
Nei verbali dell’inchiesta di Napoli sulla compravendita di deputati che avrebbe portato nel 2008 alla caduta del governo Prodi,
il senatore De Gregorio
(Idv poi passato nel Pdl, ndr)
parla della preoccupazione degli americani per l’ostruzionismo al Muos manifestato dall’ala più radicale del governo Prodi.
“Francamente non so a cosa si riferisca, all’epoca (nel 2006, ndr) ero all’opposizione e non al Ministero della Difesa.
Ho conosciuto il senatore De Gregorio solo un mese dopo che era entrato nel nostro gruppo parlamentare, prima non ci avevo mai parlato.
Ma tenderei a escludere che ci siano state pressioni di questo tipo.
Ma se sono sempre gli americani a muoversi perché allora si parla di interessi italiani e della Nato?
Non c’è nessun documento che lo attesti e il progetto è stato interamente finanziato dal governo americano.
“Come ho detto è passato del tempo e non ricordo con precisione, però credo che la Nato c’entrasse, anche se non ho altri elementi per dirlo.
Gli unici che me ne hanno parlato sono stati gli americani e i militari italiani”.
Ma se il sistema è unicamente degli americani,
qual è il suo ruolo nella difesa militare italiana?
“Con gli Stati Uniti abbiamo dei trattati di alleanza, non è che ci possiamo ricordare di loro solo quando ci conviene. Se anche fosse solo americano, è in forza di un trattato con il nostro paese, altrimenti non l’avrebbero mai autorizzato.
Ma ripeto, non ho mai esaminato quel progetto come una cosa da approvare.
Era una decisione già presa.
Non è che all’epoca fosse una cosa tanto importante.
Adesso lo è diventata, ma solo perché hanno cambiato idea”.
il CABLO WIKILEAKS
“La Russa è d’accordo ad aiutarci con il governatore siciliano Lombardo”
Ecco il cablogramma
(numero di riferimento 10ROME83) del 22 gennaio 2010
in cui l’ambasciata americana prepara la visita in Italia
del segretario di Stato Robert Gates.
Fa parte dei cablo raccolti e resi pubblici da Wikileaks.
Vi si parla del Muos di Niscemi e del ruolo che l’allora ministro della Difesa
Ignazio La Russa avrebbe potuto avere nel mandare avanti il progetto.
“(C) La Russa’s help will also be crucial in securing approval for the U.S. Navy’s planned construction of a MUOS (Mobile User Objective System) antenna site in Niscemi, Sicily.
A campaign of local political opposition in Sicily has prevented the U.S. Navy from obtaining final approval to begin construction of this fourth and final ground station for the MUOS system.
When it comes on line in 2012, MUOS will allow U.S. (and NATO) troops anywhere in the world to communicate instantly with headquarters in CONUS or elsewhere.
Given that the project is seriously behind schedule (the Navy must begin construction by March 2010 or contemplate moving the site elsewhere in the Mediterranean), I have asked La Russa to help us make headway with Sicilia Regional President Lombardo, whose office has withheld the necessary approvals.
La Russa has agreed to do so, but hearing from you that MUOS is a U.S. priority will spur him to expend the substantial political capital in his home region to ensure that the project moves forward”.
Traduzione:
“L’aiuto di la Russa sarà cruciale nell’assicurare l’approvazione della costruzione del sito dell’antenna Muos a Niscemi in Sicilia pianificata dalla Marina Usa.
Finora, una campagna dell’opposizione locale in Sicilia ha impedito la Marina Usa di ottenere l’approvazione finale necessaria a cominciare la costruzione della sua quarta e ultima stazione a terra del sistema Muos.
Quando entrerà in linea, nel 2012, il Muos permetterà alle truppe Usa e della Nato dovunque nel mondo, di comunicare istantaneamente con i quartieri generali situati nel continente americano o altrove.
Dato che il progetto è seriamente in ritardo rispetto a quanto stabilito (la Marina deve cominciare la costruzio ne entro il marzo del 2012 o prendere in considerazione l’eventualità di spostare il sito da qualche altra parte nel Mediterraneo, ho chiesto a La Russa di aiutarci a contattare il presidente della Regione Sicilia Lombardo, il cui ufficio ha sospeso le necessarie approvazioni.
La Russa si è detto pronto a farlo, ma sentire direttamente da voi (Gates; ndr) che il Muos è una priorità per gli Stati Uniti, lo spronerà a spendere il suo sostanziale capitale politico nella sua regione natale per assicurare che il progetto vada avanti”.
Cosche nei cantieri delle basi Una storia già vista a Sigonella
Le infiltrazioni criminali negli appalti legati alle attività militari americane in Italia hanno diversi precedenti nel dopoguerra.
Alla fine degli anni ’90 il tentativo della mafia catanese di mettere mani sui lavori della grande base Usa in Sicilia.
Qualche anno prima gli intrecci con la camorra per le opere di smantellamento di 600 carri armati M47
Rispetto alle cronache italiane, si tratterebbe di storie minime.
Ma a sorprendere è il fatto che accadono nelle basi americane, dove ai tempi della guerra fredda tutto veniva sottoposto a controlli ossessivi e dove anche oggi opera una burocrazia che non tollera macchie nè scorciatoie.
Ma il caso del Muos sembra un piccolo replay di quanto accadde a Sigonella alla fine degli anni Novanta, con le mani della mafia catanese pronte ad afferrare i contratti per i lavori dell’Us Navy.
La prima operazione scattò nel 1997.
Poi nel 2004 ci furono sette arresti che svelarono l’intreccio tra ditte vicine ai clan e un funzionario italiano assunto dagli americani, che forniva agli amici degli amici le dritte per fare sempre l’offerta giusta.
Nel novembre 2010 una retata dell’Antimafia catanese ha colpito un’azienda romana
– la Safab –
con un ricco portafogli di opere siciliane inclusi i progetti
– gestiti da due sue partecipate –
per il nuovo villaggio residenziale della Marina statunitense che ospiterà i rinforzi attesi a Sigonella.
L’episodio più sorprendente risale al 1993 e ancora oggi appare incredibile.
In una grande installazione campana erano custoditi circa 600 carri armati M47, tank di proprietà statunitense “prestati” all’Italia negli anni Sessanta.
I patti sul disarmo globale siglati con la Russia ne prevedevano lo smantellamento, anche se quei mezzi vecchiotti facevano ancora gola ai mercanti di cannoni per conflitti come quello somalo o jugoslavo.
Le autorità Usa assegnarono il contratto per smontarli a una società ligure
i cui amministratori avevano rapporti con la camorra:
legami che erano stati pubblicati su tutti i giornali, ma che non avevano bloccato l’appalto.
Diverse procure hanno poi indagato sul modo in cui i tank sono stati trasformati in rottami e sulla loro sorte finale.
Ma i sospetti di traffico d’armi non si sono mai trasformati in prova.
In tempi più recenti in Campania la procura distrettuale antimafia di Napoli
ha svelato come
molti militari Usa di stanza nel comando della VI flotta
affittavano le loro villette dal clan dei casalesi:
gli intestatari erano prestanome di Giuseppe Setola,
il killer che nel 2008 scatenò il terrore nel Casertano.
Anche in questo caso, sorprende che la potente rete di sicurezza dell’Us Navy non fosse a conoscenza del vero volto dei padroni di casa.
O forse si è trattato di una scelta?
Creare un rapporto con i casalesi implica una forma ulteriore di protezione contro minacce esterne, nel momento in cui il nemico numero uno degli Stati Uniti sono i terroristi islamici.
Lo stesso filo logico che nel dopoguerra alimentò i contatti tra Cosa nostra e intelligence americana nel nome dell’anticomunismo.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4902846684658&set=a.1461546414302&type=3

2,975 Visite totali, 2 visite odierne

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.