Meraviglia e mistero ad Angkor Wat

Angkor Wat (in lingua khmer Tempio della città) è un tempio khmer, all’interno del sito archeologico di Angkor, in Cambogia, nei pressi della città di Siem Reap. Fu fatto costruire dal re Suryavarman II (1113-1150).

Il re ordinò che la costruzione del gigantesco edificio partisse contemporaneamente dai 4 lati, cosicché l’opera fu completata in meno di 40 anni.

L’ipotesi più probabile è che si tratti di un mausoleo, un luogo dove il re potesse essere venerato dopo la morte. Infatti, l’entrata principale è situata a ovest, come nei templi funerari, e non a est, come consuetudine per i templi indù.

Il tempio è a forma di rettangolo, lungo circa 1,5 km da ovest a est e 1,3 km da nord a sud; all’interno del fossato che circonda completamente il muro perimetrale di 3,6 km vi sono tre gallerie rettangolari, costruite una sopra l’altra. Al centro del tempio si trovano cinque torri.

Storia

La prima costruzione del tempio iniziò nella prima metà del XII secolo, durante il regno di Suryavarman II (11131150 circa), e fu dedicato a Vishnu. Non sono state trovate iscrizioni del periodo della fondazione, per cui il nome originale è oggi sconosciuto. È situato a 5,5 km a nord dell’odierna città di Siem Reap, e a sud-est della capitale precedente, che era a Baphuon. Sembra che alla morte del re i lavori si siano fermati, e alcuni bassorilievi siano rimasti incompiuti. Nel 1177 Angkor fu saccheggiata dai Chăm, tradizionali nemici dei Khmer. L’impero fu rifondato dal un nuovo re, Jayavarman VII, che stabilì la nuova capitale e il tempio dello stato rispettivamente a Angkor Thom e a Bayon, pochi chilometri a nord.

Nel XIV o XV secolo il tempio fu convertito al Buddhismo Theravada, e tale è rimasto fino ai nostri giorni. Angkor Wat si differenzia dagli altri templi di Angkor perché non è mai stato del tutto abbandonato, e inoltre il fossato esterno lo ha in un certo qual modo protetto dall’avanzare della giungla. Fino al XVI secolo il tempio era conosciuto come ‘Preah Pisnulok’, dal nome dato a Suryavarman dopo la sua morte. In questo periodo prese il suo nome moderno, che significa “Città Tempio”. ‘Angkor’ è la forma dialettale della parola នគរ nokor che deriva dal sanscrito नगर nagara (capitale), mentre wat è il termine Khmer per tempio.

Il Sito

Angkor Wat riassume due principali caratteristiche dell’architettura cambogiana: il tempio-montagna che si erge all’interno di un fossato e che simboleggia il Meru (la montagna degli dei nella religione indù. Il tempio, infatti è consacrato a Vishnu), e i successivi templi a galleria.

È diventato il simbolo della Cambogia, tanto che appare sulla bandiera nazionale ed è oggi il luogo del paese più visitato dai turisti ed è il più vasto sito religioso al mondo.

Angkor Wat è una combinazione unica tra il tempio-montagna, cioè il progetto standard per i templi nazionali dell’impero, e il successivo piano di gallerie concentriche. Il tempio è la rappresentazione del Monte Meru, la casa degli dei: le cinque torri centrali simboleggiano i cinque picchi della montagna, mentre le mura e il fossato simboleggiano le montagne e l’oceano che la circonda. L’accesso alle zone più elevate era via via sempre più esclusivo, e le persone normali erano ammesse solo nel livello più basso.

Al contrario della maggior parte dei templi Khmer, Angkor Wat è orientato a ovest invece che a est. Questo ha portato molte persone (inclusi Glaize e George Coedès) a concludere che Suryavarman volesse servirsene come tempio funerario.Altre testimonianze a supporto di questa tesi sono fornite da alcuni bassorilievi, che procedono in senso antiorario (detto prasavya in hindi), cioè al contrario rispetto dell’ordine normale. I riti procedono in ordine inverso durante i funerali Brahminici. L’archeologo Charles Higham parla di una cassa, che potrebbe essere un’urna cineraria, scoperta nella torre centrale.Freeman e Jacques fanno notare tuttavia che molti altri templi di Angkor non hanno il tipico orientamento a est, e suggeriscono che l’allineamento di Angkor Wat sia dovuto alla sua consacrazione a Vishnu, che è associato con l’ovest.

Un’ulteriore interpretazione è stata proposta da Eleanor Mannikka, che basandosi sull’allineamento, le dimensioni, il contenuto e la disposizione dei bassorilievi, pensa che la struttura rappresenti una nuova era di pace sotto il re Suryavarman II.Altri studiosi, come Graham Hancock, invece considerano Angkor Wat come la rappresentazione della costellazione del Dragone.

Il cortile più esterno

Il muro più esterno, lungo 1025 metri per 802 metri di larghezza e alto 4,5 metri, è circondato da una fascia di terreno libero e da un fossato, che ha il compito di accogliere le acque monsoniche stabilizzando la falda sottostante. L’accesso al tempio da est è lungo un declivio di terra, e attraverso un passaggio rialzato in pietra arenaria da ovest; quest’ultima è l’entrata principale ed è un’aggiunta successiva probabilmente al posto di un precedente ponte. In ogni punto cardinale ci sono delle entrate (gopura); la più grande è quella a ovest con tre torri in rovina. Glaize fa notare che questo gopura richiama perfettamente la forma del tempio.Sotto la torre più meridionale c’è una statua di Vishnu, conosciuta come Ta Reach, che probabilmente occupava in precedenza il sacrario centrale del tempio. Tra le torri corrono delle gallerie che arrivano fino alle due entrate ai lati del gopura, dette anche “porte degli elefanti”, perché sono abbastanza grandi da permettere il loro passaggio. Queste gallerie hanno dei pilastri quadrati nella parte esterna (ovest) e sono chiuse da pareti nella parte interna (est). Il soffitto tra i pilastri è decorato con fiori di loto; la parte ovest del muro con figure danzanti e la parete a est con finestre balaustrate, con figure maschili danzanti e animali rampanti, con devata, inclusa l’ unica nel tempio che mostra i propri denti (a sud dell’ ingresso).

Il muro più esterno racchiude un’area di circa 820.000 metri quadrati, che originariamente oltre al tempio vero e proprio era occupata anche dalla città, e dal palazzo reale a nord del tempio. Questi edifici, come tutte le costruzioni non sacre di Angkor, erano costruiti in materiale deperibile e non in pietra, ed è per questo che oggi non ne rimane niente se non lo schema delle strade. La maggior parte di quest’area è oggi invasa dalla foresta. Un viale rialzato di 350 metri unisce il gopura occidentale al tempio vero e proprio, con dei naga a balaustra e sei gruppi di scalini che su ambedue i lati conducono verso la città. Su ciascun lato c’è una biblioteca con un ingresso per ogni punto cardinale, di fronte al terzo gruppo di scale dall’entrata, e uno stagno tra la biblioteca e il tempio stesso. Gli stagni non facevano parte del progetto iniziale, così come il terrazzo a forma di croce, guardato da leoni, che connette il viale rialzato alla struttura centrale.

La struttura centrale

Il tempio vero e proprio si eleva su di un terrazzamento rialzato sopra il livello della città. È composto essenzialmente da tre gallerie che si alzano verso la torre centrale; ogni livello è più alto di quello precedente. Per Mannikka le gallerie sono dedicate rispettivamente al re, a Brahma e la luna, e a Vishnu.Ogni galleria ha un gopura a ogni punto cardinale, e le due gallerie interne hanno delle torri agli angoli, e formano un quincunx con la torre centrale. Poiché il tempio è orientato verso ovest, tutto l’insieme è arretrato verso est, lasciando più spazio libero in ogni cortile o galleria del lato occidentale; per lo stesso motivo a ovest gli scalini sono meno ripidi che sull’altro lato.

La galleria più esterna misura 187 per 215 metri, con agli angoli dei padiglioni invece che delle torri. La galleria è aperta verso l’esterno del tempio, con delle semi-gallerie con colonne che si allungano e che rinforzano la struttura. I muri interni contengono una estesa serie di bassorilievi con scene in grande scala, principalmente dal Ramayana e dal Mahābhārata. Higham li definì “la più conosciuta disposizione lineare di sculture in pietra”. Partendo dall’angolo a nord-ovest in senso antiorario, la galleria più occidentale mostra la battaglia di Lanka (tratta dal Ramayana, dove Rama sconfigge Ravana) e la battaglia di Kurukshetra (tratto dal Mahābhārata, che mostra l’annientamento reciproco dei clan Kaurava e Pandava). Seguono poi delle scene storiche nella galleria più meridionale, una processione di Suryavarman II, e poi i 32 inferni e i 37 paradisi della mitologia indù. Glaize scrive di

I bassorilievi del Kurma mostrano Vishnu al centro, il suo avatar di tartaruga Kurma sotto, gli asura e i deva a destra e a sinistra, con apsara e Indra sopra.
« queste anime sfortunate che stanno per essere gettate giù all’inferno a soffrire con crudeltà così articolate che a volte sembrano del tutto sproporzionate rispetto al crimine commesso. Così succede che alle persone che hanno danneggiato l’altrui proprietà vengono rotte le ossa, gli ingordi sono spaccati in due, i ladri di riso tormentati da ventri enormi di ferro incandescente, coloro che raccolsero fiori nel giardino di Shiva hanno le teste trafitte da chiodi, e i ladri sono lasciati nel gelo più intenso. »
Nella galleria a est c’è una delle scene più rinomate, la grande creazione del mare di latte, e mostra 92 asure e 88 deva che usano il serpente Vasuki per far ribollire il mare sotto la direzione di Vishnu (Mannikka conta solo 91 asure, e spiega l’asimmetria numerica come la rappresentazione del numero di giorni dal solstizio d’inverno all’equinozio di primavera, e dall’equinozio al solstizio d’estate). La galleria a nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura (dove secondo Glaize, “la lavorazione è la peggiore in assoluto”) e una battaglia tra gli dei induisti e asure. I padiglioni agli angoli nord-ovest e sud-ovest contengono ambedue delle scene in scala ridotta, alcune non identificate, ma per lo più tratte dal Ramayana o dalla vita di Krishna.

Come connessione tra la galleria più esterna e il secondo cortile c’è un chiostro a forma di croce, chiamato oggi Preah Poan (il “Salone dei mille Buddha”). Per secoli immagini di Buddha sono state deposte nel chiostro dai pellegrini, sebbene oggi la maggior parte siano state rimosse. Quest’area ha molte inscrizioni legate alle buone opere dei pellegrini, la maggior parte scritte in khmer, ma alcune anche in birmano e in giapponese. Sembra che un tempo i quattro piccoli cortili delineati dal chiostro potessero essere riempiti d’acqua. A nord e a sud del chiostro ci sono le biblioteche.

Più oltre, le gallerie più interne immediatamente seguenti sono connesse tra di loro e alle due biblioteche che le fiancheggiano da un altro terrazzamento a croce, anche questo aggiunto in seguito. Salendo dal secondo livello in poi, sulle pareti abbondano i devata, singolarmente o in gruppi di quattro. Il cortile al secondo livello è di 100 per 115 metri, e può darsi che fosse in origine riempito d’acqua a rappresentare l’oceano intorno al Monte Meru. Tre gruppi di scalini su ciascun lato conducono in alto verso le torri angolari e gopure della galleria più interna. La scalinata molto ripida rappresenta la difficoltà di salire nel regno degli dei. La galleria più interna, detta Bakan, è un quadrato di 60 metri di lato con gallerie che connettono i gopura con il sacrario centrale e gli altri sacrari secondari situati sotto le torri angolari. Le coperture delle gallerie sono decorate con corpi di serpente che terminano in teste di leone o di garuda. Dei frontoni scolpiti decorano gli ingressi delle gallerie e dei sacrari.

La torre sopra il sacrario centrale si eleva per 43 metri a un’altezza di 65 metri dal piano del terreno; diversamente dai precedenti templi-montagna, la torre centrale si eleva sopra le quattro torri che la circondano.Il sacrario stesso, in origine occupato da una statua di Vishnu e aperto su ogni lato, fu racchiuso da mura quando il tempio fu convertito al Buddhismo Theravada, con dei Buddha in piedi raffigurati sulle nuove pareti. Nel 1934 il sovrintendente George Trouvé scavò la cavità sotto il sacrario centrale: piena di sabbia e acqua, era già stata derubata di tutti i suoi tesori, ma trovò un deposito di foglie d’oro appena due metri sopra il livello del terreno.

Uno dei primi visitatori occidentali del tempio fu Antonio da Magdalena, un monaco portoghese che lo visitò nel 1586 e affermò che “è una costruzione così straordinaria che è impossibile da descrivere con una penna, poiché non c’è un edificio simile al mondo. Ha delle torri e delle decorazioni e quanto di più raffinato che il genio umano possa immaginare.” Tuttavia il tempio divenne popolare in Occidente solo alla metà del XIX secolo, dopo che Henri Mouhot pubblicò le sue note di viaggio. L’esploratore francese scrisse:

« Uno di questi templi (un rivale per quello di Salomone, ed eretto da qualche antico Michelangelo) potrebbe avere un posto d’onore accanto ai nostri edifici più belli. È più grandioso di qualsiasi cosa ci abbiano lasciato i greci o i romani».

SOLOMisteri è assolutamente d’accordo…

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