Gordon Cooper: L’astronauta che vide un tesoro dallo spazio tenendolo segreto fino alla sua morte

In genere, coi termini “Original Seven” o “Mercury 7” ci si riferisce al primo significativo viaggio nello spazio compiuto da astronauti americani.

Lanciata nel 1959, la missione diede prova del fatto che viaggiare nello spazio era possibile, ponendo le basi per il primo viaggio degli USA verso la luna. Tra i sette ‘pionieri’, che hanno anche ispirato un libro di Tom Wolfe e un film, c’era anche L. Gordon Cooper, Jr.

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L. Gordon Cooper, Jr.
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The Mercury Seven mission astronauts

Cooper è stato il primo astronauta a viaggiare da solo, e si ritiene sia stato anche il primo americano a dormire nello spazio.

Nel 1963 la Faith 7, la sua navicella, ha circumnavigato la Terra per 22 volte, stabilendo un nuovo record di volo.

Per 34 ore, senza potersi muovere, Cooper aveva l’incarico di cercare dall’alto dei siti per un lancio nucleare. Imbattendosi però in un ammasso di rottami metallici in fondo all’oceano, sulla stessa rotta che probabilmente veniva battuta dai mercanti spagnoli—o almeno così sospettava.

Che fosse un tesoro sommerso?

Alla fine Cooper finì nelle acque del Pacifico, ma non disse mai a nessuno—né alla NASA, né al Dipartimento della Difesa—di ciò che vide.

Prese nota, buttò giù qualche appunto, nell’angusta navicella in cui era costretto—in uno spazio lievemente più grande di lui—custodendo questo suo segreto per circa 40 anni. Fino a che poco prima di morire, nel 2004, non decise di parlarne con il ‘cacciatore di tesori’ professionista Darrell Miklos.

I due erano diventati buoni amici anni prima della scoperta subacquea. Miklos aveva una lunga storia sul campo, e gli piaceva dire che “eravamo entrambi esploratori.”

Qualche tempo fa, tuttavia, Miklos ha deciso di contattare lo studio di produzioni televisive Ample per raccontare il suo viaggio alla ricerca del tesoro nella serie tv di Discovery “Cooper’s Treasure”, andata in onda questo aprile negli USA per la prima volta.

L’obiettivo dello show è unire le diverse generazioni di esploratori, dai tempi del colonialismo fino ai giorni nostri, e raccontare la storia di Cooper e del suo segreto.

Insieme a lui, per non perdere il tono ingegneristico e puramente scientifico della cosa, è stato chiamato Jerry Roberts, programmatore di alcuni dei sistemi che hanno mandato in orbita le navicelle Mercury e Gemini. “Praticamente inserivamo una testata nucleare dentro una navicella spaziale,” li ha definiti.

Lo spazio nella navicella era talmente ridotto che gli astronauti non potevano essere troppo alti e non potevano muovere i piedi. Ciò che è certo, spiega Roberts, è che è possibile che “Gordon abbia effettivamente visto ciò che ha detto di aver visto”—definendo “preternaturale” la vista dell’astronauta. Ed è sulle sue valutazione che ruota tutto il programma.

Cooper era il più giovane dei sette astronauti impegnati nella missione, e forse il più audace. Non si è scomposto quando ha saputo che avrebbe sorvolato la Terra in solitaria, e il suo battito cardiaco non aumentava in fase di lancio—al contrario di quella dei suoi colleghi.

È morto nel 2004, colpito dal morbo di Parkinson. Il suo segreto, dopo 13 anni, adesso è diventato oggetto di studi.

[https://news.vice.com]

 

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