I mille volti della bellezza femminile

Da un capo all’altro della Terra le armi di seduzione più curiose usate per sedurre (o allontanare) un pretendente.

 

Il volto dipinto di questa donna Tuareg non sarà certo passato inosservato durante l’ultima Cure Salee, la “cura del sale” o Festival dei Nomadi che si tiene ogni settembre nelle piscine saline nei pressi di Ingall, Niger settentrionale. Tuareg, Peul e Wodaabe, le popolazioni nomadi della regione, accorrono in questa zona per far rinfrescare il bestiame e festeggiare la fine della stagione delle piogge. Si pensa che il sale abbia effetti benefici sulla salute degli animali e dei pastori. Ma probabilmente a far bene all’umore sono i rapporti umani che dopo mesi di lavoro e solitudine, si riallacciano. È questa l’occasione per cercare marito, ballare, cantare e raccontare le ultime novità agli amici ritrovati. Per attirare l’attenzione, gli uomini si esibiscono in prove di forza e parate, e ciascuno sfoggia il tradizionale make-up.

 

Tra le complesse tradizioni e rituali del popolo dei Samburu, tribù del nord del Kenya, c’è una sorta di danza dell’amore che apre il cerimoniale del corteggiamento. Quando il giovane uomo individua la prescelta, ha un modo singolare per fare il primo passo. Le getta sul viso la chioma di capelli acconciati e colorati d’ocra: è questo il segno chiaro della passione scoccata. Se lei ricambia, si aspetta in dono nuove collane di perline colorate per aumentare il fascio già abbondante che le adorna il collo.

La tradizione delle donne giraffa del popolo Padaung ha origini lontane. La leggenda narra infatti di spiriti avversi che aizzarono contro le donne di questo popolo tigri feroci per punirlo di colpe che si perdono nella notte dei tempi. Come salvarle dalla strage? Adattando grossi anelli d’oro al loro collo, a polsi e caviglie: anelli che diventarono meno preziosi ma sempre più simbolici (di bellezza e seduzione). Oggi la tradizione, che coinvolge bambine fin dall’età di 5 anni, ha soprattutto lo scopo di attrarre curiosi (e danarosi) turisti. Il collare applicato attorno al collo dal peso iniziale di 3 chilogrammi viene aumentato ogni due anni con un nuovo anello: il collo sotto questa morsa arriva a misurare 25-30 centimetri

“Belle come statue” è l’espressione più frequente tra chi conosce le donne Himba. E in effetti le donne di questo popolo della Namibia, in Africa, fanno di tutto per assomigliare a preziose “sculture” di terracotta. A partire dal make-up: un impasto di polvere d’ocra, erbe e burro di capra che spalmano sulla pelle e intorno ai capelli intrecciati.

Nella città di Ribnovo, in Bulgaria, ci si sposa solo d’inverno. I matrimoni dell’etnia Pomak sono celebrati infatti esclusivamente tra novembre e febbraio, nel corso di un rituale che si trascina per due giorni. Alla vigilia dello sposalizio, i futuri sposi sono salutati da una festante processione di ragazzini che illuminano le via della città con le loro torce. Il giorno seguente, marito e moglie conducono una danza tradizionale, l’horo, a cui partecipano tutte le famiglie del paese. Prima della cerimonia vera e propria, la promessa sposa viene truccata con una crema bianca e lustrini colorati (secondo un rito chiamato ghelina, circondata dalla sua famiglia. Fuori, il paese in festa attende la donna, appoggiando i propri doni di nozze accanto alla dote che viene lasciata in mostra davanti a casa.

Non sono solo cicatrici le incisioni sul ventre di questa donna del Benin, stato dell’Africa occidentale, ma rappresentano una tradizione, un retaggio culturale, un linguaggio ricco di simboli e significati. Attraverso la “scarificazione”, una pratica che non prevede fuoriuscita di sangue, la pelle viene incisa nei suoi strati superficiali e sviluppa, una volta rimarginata la ferita, cicatrici più o meno evidenti che rimarranno sul corpo per tutta la vita. Questo rituale, diffuso in molte popolazioni dell’Africa occidentale, della Nuova Guinea e tra gli aborigeni australiani, è considerata una prova di coraggio, il passaggio verso l’età adulta, l’appartenenza alla propria tribù o semplicemente un modo per abbellire il corpo.

Il popolo Nuba è tristemente famoso per le persecuzioni che subisce da anni per mano del governo integralista islamico di Khartum che lo assoggetta a una politica di assimilazione forzata. A lungo protetta dal naturale isolamento sui monti Nuba, nel cuore del Sudan, la cultura Nuba oggi è minacciata dalle manipolazioni di un brutale disegno che la vuole annichilire. Interessi economici si intrecciano con motivazioni religiose nel genocidio di questo popolo che nonostante tutto non dimentica le proprie tradizioni per le quali si decora il corpo con tatuaggi, piercing e scarificazioni.

Per la donna indios dell’Amazzonia invece è un vero e proprio azzardo nei confronti della comunità apparire troppo attraente.

Beautiful Native American Women | Sexy Native Americans - Socialphy

Fascino senza tempo dal nuovo mondo. La bellezza stucchevole di una nativa americana della tribu’ dei Navajo.

Chi pensa che le donne siano più vanitose degli uomini probabilmente non ha mai assistito alle lunghe sedute di trucco e parrucco degli uomini Karo, popolazione etiope. Qui non solo le signore, infatti, si decorano, anche figli e mariti si addobbano. Si cospargono di polveri di gesso, ocra e carboncino, disegnando simboli e motivi decorativi a imitazione degli animali. Uno dei loro preferiti imita il piumaggio della faraona (nella foto), gallina di origine africana diffusa in tutto il mondo. A completare il lookanimalesco, uno chignon fermato con una piuma di struzzo, simbolo di coraggio e virilità.

Zohar Kulsum Fathima Godabari, principessa dell’Arabia Saudita . Pochi giorni fa le foto sono trapelate su internet e il mondo hanno notato la sua fortuna per la prima volta . Abiti classici del mondo arabo, Il suo viso dalla pelle perfetta con occhi grandi e molto espressivi , le labbra rosse e le sopracciglia disegnate sono in perfetta simmetria .

Al naturale. La Ragazza afgana è una celebre fotografia scattata da Steve McCurry nel 1984, e successivamente pubblicata sulla copertina della rivista National Geographic Magazine del numero di giugno 1985. L’immagine divenne una sorta di simbolo dei conflitti afgani degli anni ottanta. La foto, scattata in un campo profughi di Peshawar, ritrae l’orfana dodicenne Sharbat Gula (Pashto: شربت ګله ), nata nel 1972. L’espressione del suo viso, con i suoi occhi di ghiaccio, resero ben presto l’immagine celebre in tutto il mondo. Nel gennaio 2002 McCurry e il National Geographic hanno organizzato una spedizione per scoprire se la ragazza fosse ancora viva; Sharbat Gula è stata ritrovata dopo alcuni mesi di ricerche, e McCurry ha potuto così fotografarla nuovamente, a distanza di 17 anni.

[Focus.it – revisionato da SOLOMisteri]

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