Amazzonia: L’elisir di lunga vita si estrae dalle foreste

L’elisir di lunga vita si estrae dalle foreste. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità quasi 3 miliardi di presone usano farmaci di origine vegetale.

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Oltre a rappresentare il polmone verde del pianeta, le foreste sono anche la “casa” della maggior parte delle specie animali e vegetali (molte non ancora scoperte) che popolano la Terra. Dal 1999 al 2009, secondo il rapporto “Amazzonia viva” del Wwf, nella più nota foresta pluviale del mondo è stata scoperta una nuova specie ogni 3 giorni, per un totale di circa 1.200. Oltre la metà (637) sono piante e tra queste molte hanno proprietà medicinali. Ciò significa che tutelare le aree tropicali del pianeta ci consente non solo di respirare meglio, ma anche di favorire le ricerche scientifiche volte a preservare la salute umana.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le presone che si servono di farmaci di origine vegetale variano tra i 3 miliardi e mezzo e i 4 miliardi. Dalle centinaia di fiori, arbusti, semi, frutti, funghi e radici tropicali già noti da secoli si estraggono principi attivi utili come antibiotici, antinfiammatori, anestetici; medicinali che possono contribuire a combattere malattie cardiovascolari, ipertensione, stress.

Piante dal nome esotico come la jatoba, la carapa, il pau amago e la serralha, insieme ad altre piu’ ‘tradizionali’ come agrimonia, angelica, artemisia e uva ursina. Tutte insieme formano la ”farmacia degli sciamani” della foresta amazzonica descritta dal dottor Thomas David che, nel corso di un viaggio nella foresta, e’ entrato in contatto con le pratiche usate dalla popolazione indigena per la cura delle malattie.

”L’esperienza e la pratica della medicina erboristica degli indios della foresta pluviale -afferma David in ‘La medicina degli sciamani (Edizioni Il punto d’incontro)- dimostra che i tentativi di utilizzo delle piante a scopo medico da parte delle popolazioni indigene e’ un fenomeno universale’. Gli indios, inoltre, soffrono delle cosiddette malattie derivate dalla civilizzazione industriale dell’Occidente, come reumatismi, emorroidi e gotta. ”E le curano con le stesse piante utilizzate in Occidente, per quanto siano per loro disponibili”.

Con foglie e fiori di agrimonia (Agrimonia eupatoria), ad esempio, i nativi della foresta amazzonica preparano un infuso contro diarrea e crampi addominali; l’angelica (Angelica archangelica) serve per i problemi di stomaco e digestione, coliche, gotta e complicanze mestruali; l’artemisia (Artemisia vulgaris) per combattere anemia, gastrite, epilessia, itterizia e vermi. Le foglie di uva ursina (Arctostaphylos uvae ursi), poi, sono usate per preparare un decotto contro le affezioni della vescica e i calcoli renali, mentre la borsa di pastore (Capselle bursa pastoris) e’ apprezzata per le sue proprieta’ vasocostrittrici ed antiemorragiche.

Gli sciamani, pero’, si servono anche della carapa (Carapa guaianensis) contro vermi e febbre e per le infiammazioni croniche della pelle; il decotto di corteccia di jatoba (Hymenaea courbaril) aiuta a mitigare le congestioni della prostata e degli arti gonfi e doloranti, mentre il pao amago (Quassio) viene usato in caso di calcoli biliari e renali, diarrea e febbre. Nella sporta degli ”uomini di medicina” amazzonici non mancano il boldo (Peumus boldus molina), con cui si prepara un infuso contro infiammazione del fegato, problemi digestivi e perdita di appetito; e la serralha (Cardo mariano), ricca di una sostanza che protegge il fegato, usata anche come antidoto per l’avvelenamento e come pozione per curare le emorroidi. ”Mentre gli indiani d’Amazzonia hanno imparato ad imbrigliare il potere concentrato delle piante della foresta pluviale -afferma David- i ricercatori occidentali solo recentemente hanno scoperto quello che gli aborigeni conoscono da millenni: il potere della piu’ immensa foresta del pianeta non risiede nel terreno, ma nelle piante stesse”.

 

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