9 fatti inaspettati sull’intelligenza

Che rapporto c’è tra quoziente intellettivo e durata della vita? Chi totalizza valori maggiori sarà anche più felice? I gemelli hanno uguale QI? Alcune curiosità meno note su questo parametro.

Difficile misurare una realtà complessa come l’intelligenza umana con un numero: il quoziente di intelligenza o QI non è tutto, e secondo alcuni è un valore antiquato che non descrive molti importanti tratti di personalità. Allo stesso tempo, però, è un parametro importante per predire e stimare longevità, salute, e èFocus.ricchezza, e dalle statistiche che lo riguardano possiamo attingere informazioni molto interessanti. Quelle che seguono sono tratte dal libro Intelligence: All that Matters di Stuart Ritchie, ricercatore che si occupa di intelligenza all’Università di Edimburgo, e illustrate con grafici e statistiche sul sito di Vox. Ve le riproponiamo, alla Focus. Nella foto: varie rappresentazioni e immagini del cervello umano.

La maggior parte delle persone ha un’intelligenza nella media. Il QI è un punteggio che si ottiene attraverso test standardizzati che misurano memoria a breve termine, capacità di ragionamento, conoscenze acquisite, velocità di processazione delle informazioni. I punteggi parziali vengono sommati e confrontati con quelli del resto della popolazione. Il punteggio medio, misurato in base a una curva gaussiana è 100. Soltanto il 2,5% della popolazione ha un QI pari o maggiore di 130.
Un fatto affascinante è che se si ottiene un punteggio alto in uno dei test, si tenderà a ottenerne anche negli altri, sebbene gli argomenti trattati sembrino molto distanti. Gli psicologi parlano allora di fattore di intelligenza generale (o g), che corrisponde al concetto popolare di intelligenza.

Un alto QI può salvare la vita, almeno fino a un certo punto. Secondo uno studio su un milione di uomini svedesi, le persone con il QI più basso corrono un rischio di morte (per qualunque causa) tre volte più alto di quelli con il QI più elevato. Il fenomeno si può spiegare in vari modi: le persone più intelligenti tendono a guadagnare di più e avere stili di vita più protettivi (per esempio in termini di prevenzione e alimentazione); le persone con un QI alto sono anche meno inclini a commettere errori fatali: studi precedenti hanno dimostrato come, per esempio, corrano un minore rischio di incidenti automobilistici mortali. In compenso, queste stesse persone sono più inclini a sviluppare difetti visivi come la miopia, e ad avere bisogno di occhiali da nerd.

Un alto QI è correlato a una carriera di successo, ma non necessariamente alla felicità. Le persone con un QI elevato tendono a essere apprezzate sul lavoro e a guadagnare di più, ma si tratta soltanto di una correlazione e, come tale, imperfetta. Per questo motivo può capitare di imbattersi in persone molto intelligenti che lavorano poco e male. Inoltre, la correlazione tra elevato QI e felicità è in genere positiva, ma non così statisticamente rilevante da risultare garantita.
Le persone ricche e di successo tendono ad alzare l’asticella della soddisfazione personale e a confrontare gli obiettivi raggiunti con i traguardi altrui: per questo tendono spesso ad essere scontente. Infine, il QI non è legato ad altri tratti importanti di personalità (come l’essere estroversi, gradevoli o avere stabilità emotiva). L’unico a cui è correlato, è l’apertura a nuove esperienze.

Se sei stato un bambino intelligente, sarai un anziano intelligente: in pratica, ognuno si tiene quello che ha: anche se le facoltà cognitive subiscono un declino con l’età che avanza, esiste una forte correlazione tra il QI registrato in tenera età (per esempio, a 11 anni, come testato in uno studio scozzese) e quello che si ha da anziani (90 anni, secondo lo stesso studio). Esperienza a parte, l’intelligenza rimane piuttosto stabile nel corso della vita. Nella foto, Lydia Sebastian, una 12enne inglese con un quoziente intellettivo maggiore di Albert Einstein e Stephen Hawking.

L’intelligenza raggiunge un picco intorno ai 25 anni, e poi in genere declina. L’età d’oro del quoziente intellettivo si colloca tra la metà e la fine del decennio 20-30 anni: a questo punto della vita, l’intelligenza cristallizzata, cioè la capacità di sfruttare le conoscenze pregresse, raggiunge il suo apice, mentre quella fluida, la capacità di risolvere in modo logico situazioni nuove, inizia a declinare, insieme alla velocità di ragionamento. Occorre quindi sfruttare questa “bolla” favorevole prima che sia troppo tardi.

Metà della varianza del quoziente intellettivo è legata alla genetica. Lo dimostrano numerosi studi effettuati sui gemelli. Il fatto curioso, però, è che la genetica sembra divenire più predittiva del quoziente intellettivo mano a mano che si invecchia (cioè lo è meno nei bambini). Questo effetto potrebbe essere dovuto al fatto che, crescendo, si padroneggia meglio l’ambiente circostante, e le qualità espresse dai geni vengono in un certo senso amplificate. Un bambino di sei anni con la passione per la lettura forse non può accedere alla biblioteca ogni volta che vuole, ma un 20enne può farlo. Nella foto, i gemelli dello Spazio Mark e Scott Kelly.

Ma l’intelligenza non dipende solo dalla genetica. L’altra metà della variabilità del QI è infatti legata a fattori ambientali, come accesso all’istruzione, un’alimentazione adeguata, una buona salute. Tuttavia, il ruolo dell’ambiente circostante nel plasmare le facoltà intellettive è meno compreso di quello dei geni, perché le nostre vite sono diverse, caotiche e irregolari.

L’uomo sta diventando sempre più intelligente. La media del QI sta salendo di 2-3 punti a decennio, un fenomeno noto come effetto Flynn (dal cognome dello scienziato che per primo lo osservò) dovuto al miglioramento dell’istruzione e della nutrizione infantile, e alle generali condizioni di salute, ma anche al miglioramento del pensiero astratto che viene misurato in molti test sul quoziente intellettivo.

Il QI sta crescendo soprattutto nei paesi in via di sviluppo: è qui che si registrano gli incrementi più significativi, grazie al miglioramento dell’istruzione, della nutrizione infantile e delle condizioni di salute. Allo stesso tempo, alcuni studi sostengono che l’effetto Flynn stia divenendo meno evidente nei paesi industrializzati. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i miglioramenti dovuti a migliore istruzione e nutrizione hanno smesso di mostrare i loro frutti (perché sono ormai la norma).

[Focus.it]

 

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